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ARCOBALENO
Fin dall’antichità l’arcobaleno è sempre stato considerato un fenomeno atmosferico affascinante e legato alle divinità. Per la filosofia buddista, l’arcobaleno è la scala con la quale Buddha ridiscende dal cielo; nella mitologia greca, l’arcobaleno è rappresentato da Iride vestita di iridescenti gocce di rugiada. Anche in Cina l’arcobaleno assume un significato: l’insieme dei suoi colori rappresenta l’unione dello yin e dello yang, l’armonia dell’universo e della sua fecondità. Secondo San Martino i sette colori sono i simboli delle virtù intellettuali; mentre, per i cristiani, simboleggia l’alleanza tra Dio e gli uomini dopo il diluvio universale.
Che cosa è in realtà l’arcobaleno? È l’insieme di sette archi concentrici, di diverso colore (rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, viola), che hanno origine dall’interazione dei raggi solari con le gocce di pioggia.
Già Aristotele aveva tentato di spiegare matematicamente la formazione dell’arcobaleno, ma è solo con Descarte (Cartesio, 1637) che si hanno i primi trattati matematici corretti su questo fenomeno.
Dopo un temporale, è possibile vedere apparire un arcobaleno in una porzione del cielo, mentre il sole splende in un’altra. Tuttavia, questo accade solo se l’osservatore ha il sole alle spalle e il centro dell’arco circolare è nella direzione opposta all’astro. Ci sono, infatti, tre effetti ottici che determinano la formazione dell’arcobaleno: rifrazione, riflessione e dispersione. I raggi solari, che attraversano la goccia di pioggia, supposta sferica, sono rifratti (deviano la loro traiettoria) al suo interno e sono, pertanto, separati in altri raggi, associati ai diversi colori. Se all’interno il raggio rifratto forma un angolo maggiore di quello critico (48°) con la normale alla superficie interna, che il raggio raggiunge, allora il raggio è riflesso e nuovamente rifratto quando esce dalla goccia. Da ogni goccia, tuttavia, esce un solo raggio (raggio di Descarte) con un angolo caratteristico, corrispondente ad un determinato colore, che varia dai 40 (viola) ai 42 gradi (rosso). Questo raggio è il più significativo perché, tra tutti i raggi incidenti sulla goccia, è quello che ha il più piccolo angolo di deviazione. La concentrazione di raggi vicino alla minima deviazione e la forma sferica delle gocce sono la spiegazione della forma arcuata dell’arcobaleno. In particolari condizioni atmosferiche, è possibile osservare due arcobaleni vicini di diversa intensità luminosa e, a volte, se si è particolarmente fortunati, si può scorgere anche un terzo. Quello più luminoso è detto arcobaleno primario e ha i colori che cambiano dal rosso, all’esterno dell’arco, al violetto, al suo interno. La posizione dei colori è determinata dall’angolo dei raggi uscenti dalle gocce. L’arcobaleno secondario, così come gli altri, se esistono, si crea per una duplice riflessione dei raggi rifratti all’interno delle gocce. Per questo arcobaleno, la disposizione dei colori è invertita. La parte interna di un arcobaleno primario risulta molto più luminosa di quella esterna. La spiegazione sta sempre nell’ampiezza degli angoli dei raggi uscenti. Alcuni raggi emergono dalla goccia con angoli più piccoli rispetto a quello del raggio di Descarte. In questo modo ci sarà un sovrapposizione di colori che daranno luce bianca.
In conclusione, l’arcobaleno, essendo generato dall’interazione dei raggi del sole con la pioggia, potrà essere osservato prevalentemente in estate, perché c’è più possibilità di avere contemporaneamente sole e pioggia, ma non sarà identico a due persone diverse perché cambia il loro punto di vista rispetto agli angoli di rifrazione e di riflessione dei raggi.
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